Lettera aperta ai colleghi

Roma, 3 agosto 2012

Cari Colleghi,

con rammarico, ma senza spirito di rassegnazione, prendiamo atto del fatto che, ancora una volta, un collega iscritto alla nostra gestione previdenziale ha voluto rivedere i suoi calcoli pensionistici, demandando il giudizio ad un Organo Supremo, e l’Organo Supremo, dopo aver trattato diverse volte in Camera di Consiglio la questione del pro rata temporis, con la sentenza del 30 luglio 2012 scorso ha deciso di ridiscutere l’argomento in un’udienza pubblica, forse quasi a dire “questa volta è per tutte”.

L’Organo Supremo non ha il potere di cambiare le leggi, ma di farle costituzionalmente applicare.

Il collega arrivato alla pensione, sente lesi i suoi diritti quando la sua Cassa di Previdenza adotta un criterio di calcolo che modula in maniera diversa il suo trattamento pensionistico, e così si rivolge all’Organo Supremo, che in applicazioni di leggi dello Stato, rileva che il principio del pro rata serve a scongiurare di colpire le aspettative di diritti maturati.

La Corte ribadisce che sì, la Finanziaria del 2007 ha introdotto modifiche al sistema di calcolo delle pensioni, ma a valere per il futuro, mai per il passato; quindi è necessario scindere la pensione in due quote che si sommano tra loro, la prima calcolata sull’anzianità acquisita in costanza della vecchia norma, la seconda sull’anzianità residua, alla luce della nuova norma che ha introdotto un principio più flessibile (naturalmente meno favorevole). Il giudizio che se ne ricava è che“una volta maturata, la pensione non può essere rielaborata dagli enti previdenziali, nemmeno quando in gioco ci sia l’equilibrio dell’ente o l’equità tra le generazioni.

Infatti, le sentenze della Corte non trattano un aspetto determinante e cioè che il debito latente collegato ai trattamenti retributivi maturati fino a dicembre 2003 grava sulla contribuzione corrente degli iscritti ed ancora le sentenze, non si fanno carico del fatto che il diritto maturato con il vecchio calcolo retributivo non corrisponde a quanto versato dall’iscritto in procinto di pensione.

Il collega anziano che ha lavorato e versato alla propria cassa di previdenza i modici contributi (che gli venivano richiesti all’epoca sulla base di disposizioni legislative) ha avuto la promessa di ricevere, a tempo debito, una certa pensione ad un certo ammontare. Questa pensione, adesso, egli la pretende senza alcuna riduzione, e se la propria Cassa non riesce a pagare quella pensione (anche perché una legge dello Stato ha eliminato le figure professionali che ne facevano parte) Il problema non ricade sulle spalle del pensionato, ma su quelle di coloro che dovranno procurare i soldi per pagarla: cioè le future generazioni, i giovani già iscritti.

In questa sede non si vuole discutere una sentenza, ma si vuole mettere in risalto che la decisione dei Giudici accende un riflettore sul conflitto tra giovani e anziani, tra chi va in pensione e chi questa pensione deve pagarla con i propri contributi. Le sentenze chiariscono in via definitiva i diritti dei pensionati di oggi, ma chiariscono sempre in via definitiva il dramma dei futuri pensionati.

Le sentenze ripropongono, dunque, una serie di interrogativi: il primo quello della sostenibilità, che vuol dire capacità di garantire quelle prestazioni che il sistema ha promesso negli anni. Diventa così inevitabile aumentare i contributi ai giovani lavoratori, mettendo in campo nuove dolorose riforme previdenziali.

Non è una disputa giudiziaria, ma un problema sociale.

Il nostro Sindacato si farà pertanto parte attiva presso il Legislatore per ottenere una nuova codifica del concetto di diritto acquisito in materia previdenziale, in cui sia chiaramente espressa la superiorità della salvaguardia del diritto ad un trattamento previdenziale adeguato di tutti coloro che, attraverso i contributi concorrono al sistema, rispetto al mantenimento di un trattamento oramai non più sostenibile. Solleciteremo ad affiancarci in questa azione anche il nostro Organismo confederale di rappresentanza Confprofessioni, la nostra Cassa di Previdenza CNPR e l’Adepp, affinché si agisca anche attraverso il monitoraggio dell’effetto sociale e la definizione dei passi da fare nei confronti del Ministero del Lavoro per una definitiva soluzione del cosiddetto conflitto previdenziale tra generazioni.

Il Presidente

Marco Cuchel